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Impressionismo

Dal 1890 al 1926 Claude Monet, nel pieno della sua maturità artistica, realizzava ben 250 quadri di ninfee presso lo stagno del suo giardino di Giverny in Normandia.
Durante questi anni compiva la sua decisiva evoluzione verso un tipo di pittura che abbandonava completamente la rappresentazione fedele della natura per dedicarsi alla “rappresentazione dell'anima”: niente più sponde né ponte giapponese nelle sue opere ma solo pura introspezione.
Utilizzando un “bateaux atelier” per astrarsi completamente dall'ambiente circostante, prendeva solo spunto dalle ninfee adagiate sull'acqua e dalle fronde dei salici che ne sfioravano la superficie per soffici pennellate di colore, giocate con abilità in varie intensità e gradazioni, esprimendo ciò che stava in superficie ed i riflessi di luce in profondità in una sorta di sospensione del tempo.

Questa mia immagine è del 2013. Non avevo ancora studiato il percorso artistico di Monet e quindi non ne ero influenzato, ma evidentemente collocarmi in un contesto non ancorato a riferimenti reali esprimendo una sensazione più che una visione era qualcosa che già mi attirava.
Di fatto, ripercorrendo a posteriori il mio archivio fotografico, noto che in maniera forse inconscia iniziavo allora ad abbandonare gli esercizi di iper-realismo preferendo sempre più una rappresentazione più intima che ora riconosco ed identifico come una direzione già esplorata un secolo fa da ben più autorevoli interpreti.



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